mercoledì 29 maggio 2013

Una attrice dalla vita travagliata.

















Romy Schneider, nome d’arte di Rosemarie Magdalena Albach-Retty, nata a Vienna. 23 settembre 1938.
   
La “Musa” di registi importanti, ha partecipato ad oltre 60 film.


A 17 anni, 1955 interpreta il primo film della triologia di Elisabetta di Baviera, Imperatrice d'Austria. "La Prinipessa Sissi".  
Nell'anno succesivo, 1956, "Sissi, la giovane imperatrice e nel 1958  "Sissi, il destino di una imperatrice".



Dopo il  successo ottenuto con quei tre film., nel1958, lei ventenne, il regista Pierre Gaspard-Huit sotto consiglio  di Alain Delon, attore emergente, le propose la  parte della protagonista nel film “L’amante pura”. Una storia drammatica,  imperniata sulla pièce teatrale di “Liebelei”, scritta da Arthur Schnitzler, e da cui era già stato tratto in precedenza il film “Amanti folli”, per giunta interpretato dalla madre di Romy, Magda Schneider. 
Sul set, Delon si innamora  dell’attrice viennese e inizia con lei una consistente relazione, e la convince  a trasferirsi in Francia, a Parigi. 





Nel 1960 la Schneider partecipa al film “Delitto in pieno sole”, di René Clément , e nel 1962 a “Boccaccio ‘70”, di Luchino Visconti,  e lei preferisce da quel momento in poi solo ed esclusivamente film francesi e italiani.  


In “Boccaccio”, l’attrice  interpreta un ruolo per l’episodio girato da Visconti, il quale a sua volta si affianca ad altri tre episodi firmati da Federico Fellini, Vittorio De Sica e Mario Monicelli:  il meglio che il cinema italiano abbia  prodotto in quel periodo. 
Sempre nel 1962, altro film degno di nota. “Il processo”, del 1962  diretto da Orson Welles, tratto dal romanzo omonimo di Franz Kafka. 


Nel 1964, Romy Schneider rompe con Delon, dando inizio alla sua parabola discendente, caratterizzata dalla depressione e, soprattutto, dall’alcol.  


Poco dopo si lega al regista Harry Meyen, in un matrimonio che fallisce quasi ancor prima di cominciare. Con lui ha un figlio, lo sfortunato David, il quale nasce il 3 dicembre del 1966.  

Dopo appena quattordici anni di vita, il 5 luglio del 1981, il ragazzo muore in circostanze tragiche,  infilzato dal cancello di casa che mille altre volte aveva scavalcato, dando probabilmente il colpo di grazia al già labile stato d’animo di sua madre.  



Però l’attrice tanto amata dai francesi non si risparmia sul lavoro, e nel 1968 ulteriore  pellicola di successo, “La piscina”, firmato dal regista Jacques Deray, che la vede protagonista insieme ad Alain Delon.  






1970 la Schneider interpreta "La Califfa", con Ugo Tognazzi, diretto dal neo regista Alberto Bevilacqua e tratto dal suo omonimo romanzo del 1964. 
La califfa, interpretata da Romy Schneider, è una donna bella, vitale e della propria sensualità,  la sua forza.




Nel 1973, la Schneider torna a ricoprire il ruolo di Elisabetta di Baviera, ma in modo del tutto differente dalla Sissi di un ventennio prima. “Ludwig”, di Luchino Visconti, è un film che non risparmia i particolari relativi alla vita del giovane e folle re, destando un certo scandalo rispetto al periodo in cui esce nelle sale.  





Il 21 gennaio del 1977, la Schneider è madre per la seconda volta. Nasce Sarah, futura attrice anche lei, avuta dal secondo marito Daniel Biasini.

Due anni dopo, 1980, Romy gira un altro film importante, “La morte in diretta”, con la regia di Bertrand Tavernier, tratto dal romanzo "The Continuous Katherine Mortenhoe", del 1974, scritto dall'inglese David G. Compton.
Ma in quell'anno, l’attrice ritrova lo smalto di un tempo, interpretando una parte che, secondo molti, ha rappresentato uno stralcio drammatico della sua stessa esistenza. Il film “Fantasma d’amore”, tragico e di grande trasporto, diretto da un altro importante regista quale Dino Risi, rivela tutto il suo afflato profetico, raccontando una storia dai tratti inquietanti, ambientato nella città di Pavia. 







Un anno dopo la morte del figlio quattordicenne, Romy Schneider, all’età di quarantatré anni, muore nella casa parigina del produttore Laurent Petin, suo ultimo compagno, è il 29 maggio del 1982.    


Ufficialmente, la causa causa del decesso, un attacco cardiaco, ma non sono pochi quelli che hanno sostenuto, si sia trattato di suicidio.


Erano trascorsi quasi venti anni da quando Delon e Schneider si erano lasciati.  


Alain Delon venne avvertito della morte improvvisa di Romy e si precipitò da lei.  
Non le aveva mai scritto una lettera, "solo biglietti", come aveva raccontato l'attrice anni prima.  
Lui quel giorno volle restare per diverse ore da solo davanti la salma  della donna che aveva sempre amato (anche se avevano vissuto assieme solo cinque anni).  
E le scrisse: "Ti dico addio, il più lungo degli addii, mia Puppelé . È così che ti chiamavo, Piccola Bambola". Un lungo saluto, commovente e romantico. «Penso a te, a me, a noi. Non verrò in chiesa né al cimitero. Ti chiedo perdono perché sai che non riuscirò a proteggerti dalla folla avida di spettacolo. Verrò a trovarti il giorno dopo, e saremo soli".  


Lei si era definita: Non sono niente nella vita, ma tutto sullo schermo. 

Romy è sepolta in un cimitero vicino a Parigi, accanto alla tomba del figlio.  

Altri particolari della sua vita. 




Si innamorò della democratica bellezza della Schneider,  l’aristocratico Luchino Visconti, e la diresse in Boccaccio 70, nell’episodio "Il Lavoro", accanto a Tomas Milian, nei panni di una donna che si fa pagare per rimanere sposata all’uomo che la tradisce con una prostituta. Visconti le restituì i panni di Sissi, Imperatrice d’Austria in Ludwig, che Romy interpretò con ben altra tempra rispetto a quella adolescenziale, accanto a quel mostro di ambiguità che fu Helmut Berger.
Visconti la trattava come una principiante benche' fosse un' attrice molto popolare. E lei era visibilmente intimorita, ma non si lasciava soggiogare.  
Anni dopo su un giornale, la dichiarazione  di Romy che sosteneva di essere stata innamorata di Visconti, nonostante la ben nota omosessualita' del regista, e lui con lei si comportava come se si sentisse il suo Pigmalione.

Alberto Bevilacqua, che la diresse nella "Califfa",  racconta di lei, nonostante fosse una bravissima professionista, non era ancora entrata nella parte. A volte perdeva la pazienza, si arrabbiava, diceva che era stanca e che voleva rinunciare. Poi, per darsi coraggio, di tanto in tanto allungava la mano verso un bicchiere di vino fresco. Lui voleva evitare a tutti i costi che bevesse oltre misura e, di nascosto, mescolava con acqua quella che era la  bevanda prediletta di Romy.
Sul set, di quella calda estate del '70, non mancarono imprevisti ed emozioni. 
Sotto le luci dei riflettori era nata, del tutto inattesa, una complicata, e non sempre pacifica relazione sentimentale tra lei e Bevilacqua.
Lui la reputava intelligente, simpatica ma anche fredda e poco sensuale.  
A presentarli era stato Luchino Visconti, con cui la Schneider stava girando un episodio di "Boccaccio 70", e  Bevilacqua  aveva chiesto un' intervista all'attrice, che gli diede appuntamento al suo albergo, l' hotel Hassler, sopra Trinita' dei Monti.  
Lui asserisce,  era molto intimidito e lei lo ricevette in vestaglia, senza trucco.  
All' inizio fu poco cordiale, anzi gelida. Poi iniziò  a raccontargli di sé, della sua vita. Ma colui che la stava ascoltando, si accorse di ciò che diceva  non corrispondeva a verità. Negli ambienti del cinema era descritta come una ragazza viziata, capricciosa, e invece colei che era davanti,  era una persona estremamente ambigua,  determinata e insicura.
In seguito, l'attrice ricevette la parte della Califfa e il film diretto dallo stesso Bevilacqua,  autore del romazo.  
Per la Schneider una nuova occasione di cambiare faccia, cercare una strada che la rinnovasse completamente. La storia dell' avventuriera Irene Corsini, popolana alla ricerca di benessere economico e di elevazione sociale. Ugo Tognazzi.  impersonava Annibale Doberdo', industriale sedotto e conquistato dalla Califfa. 
Durante le riprese avvenne una  memorabile litigata tra il regista e l'attrice. Romy si era opposta alla scena, in cui l' amante padrone Tognazzi doveva baciare il ventre nudo della Califfa e lei doveva apparire senza veli. Pudore insolito per un' attrice, che  fece di tutto per non doversi spogliare completamente. Bevilacqua non riusciva a interpretare questa sua resistenza. Poi lei si confidò,  la causa del suo rifiuto,  non si piaceva perché aveva un seno, quello sinistro, più basso dell'altro e  questo difetto la preoccupava molto. Il regista la rincuorò, dicendo che quella particolarità, piccola imperfezione,  la rendeva più attraente. Romy lo accettò come complimento e scherzando su tale particolare, disse che Bevilacqua le aveva fatto amare il suo seno sinistro.
A movimentare le riprese, non erano solo gli sbalzi di umore della Schneider ma anche il suo inaspettato carattere passionale. Era  gelosa e faceva scenate al regista, se rivolgeva sguardi ad altre del cast. Quelle sue gelosie erano come temporali estivi, sparivano rapidamente.


La  bellezza mitica e pulsante di Romy Schneider, divenne il paradigma di un fascino colto e gentile, e anche quando si spogliò per esigenze di copione, fu sempre nuda con quel brivido erotico in bilico tra il licenzioso e il rigoroso.  
Forse fu questo il segreto della sua stregoneria che ipnotizzò uomini e donne; fu quel sorriso luminoso ma enigmatico, quell'occhio vivido ma malinconico, quella forza di attrice che divenne fragilità di vita.




C'è un altro particolare importante, che emerse dopo il decesso dell'attrice.  
Romy Schneider fu spiata dalla Stasi fino al giorno della sua morte, il 25 maggio 1982: a rivelarlo è il quotidiano tedesco Bild che ha scoperto un voluminoso dossier raccolto dai servizi segreti della Germania est sull’attrice austriaca, accusata di aiutare anche finanziariamente l’opposizione al regime comunista nella Ddr.

Steffen Meyer, portavoce della “Birthler-Behoerde”, l’authority che conserva l’enorme archivio della Stasi, e ha spiegato al quotidiano di Amburgo che la “Sissy” del grande schermo fu sorvegliata fin dal suo primo sostegno al Comitato per la protezione della libertà e del socialismo (Schuetzkomitee), l’organismo creato a Berlino Ovest nel 1976 che si batteva per la liberazione dei prigionieri politici nella Ddr.  

Il 28 dicembre 1976 il ministero per la Sicurezza dello Stato, responsabile della Stasi, impartì l’ordine «urgente di spiare le attività di Romy Schneider e ai sui documenti raccolti venne apposto il 19 gennaio 1978 il timbro “Segreto”». Nel rapporto riguardante «la persona di Romy Schneider, nata a Vienna nel 1938, cittadina austriaca, attrice, abitante a Berlino, Winklerstrasse 22»  venivano indicati come obiettivi di indagine la documentazione dei titoli di viaggio suoi e degli accompagnatori, oltre all’ordine di avvertire immediatamente l’unità spionistica da mobilitare.

Nel caso in cui l’attrice avesse attraversato il territorio della Ddr per recarsi a Berlino Ovest, tutti i dati che la riguardavano dovevano essere trasmessi alla Sezione XX/5 della Stasi. Una delle accuse principali rivolte a Romy,  di aver coinvolto alla causa dell’opposizione al regime della Ddr, due grandi personalità del cinema francese come Yves Montand e la moglie Simone Signoret. 

L’attività di spionaggio nei confronti dell’attrice ebbe termine il 7 giugno 1982, alcuni giorni dopo la sua scomparsa, all’età di 43 anni.            



Nella pagina seguente: fascino e sensualità del corpo senza veli di Romy Schneider.